Citando il Talmud – uno dei testi sacri dell’ebraismo – “Una
persona viene dimenticata solo quando il suo nome viene dimenticato”, l’artista
tedesco Gunter Demning spiega le ragioni della creazione delle Stolpersteine, una vera e propria “Mappa
della memoria” di cittadini scomparsi a seguito delle persecuzioni naziste:
ebrei, politici, militari, rom, omosessuali, testimoni di Geova e disabili,
iniziata nel 1995 a Colonia.
A conferma che la memoria deve costituire parte integrante
della nostra vita quotidiana, Donne di Cuori vuole commemorare il 27 gennaio,
Giornata della memoria, tramite il lavoro incredibile di questo artista che con
oltre 50.000 pietre sparse in tutta Europa ha dato il via ad un vero e proprio
percorso di nomi, luoghi e date destinati a fare da eco alle generazioni future:
per non dimenticare che ogni nostro passo è compiuto attraverso un passato che
va ricordato.
“Pietre d’inciampo”, così vengono chiamati i sampietrini
installati di fronte alle abitazioni di persone deportate e perseguitate dai
fascisti e dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. L’iscrizione su ogni
pezzo inizia con “QUI ABITAVA”, una pietra, un nome, una persona.
Piccoli bagliori di luce impossibili da ignorare, non solo
perché la superficie superiore è di ottone lucente e si scoprono incisi nome e
cognome, età, data di deportazione e, quando nota, data di morte, ma anche
perché “l’inciampo” è visivo e mentale e il trasporto emotivo obbliga a
fermarsi di fronte a quelle porte interrogandosi su quanto accaduto in quella
data e sugli attuali abitanti di quelle case, monumenti di una parte terribile
della storia che vorremmo poter cambiare.
Demning prepara e interra personalmente ogni pietra
portandone anche e soprattutto il peso emozionale. L’artista ha lavorato anche
in Italia, con oltre 237 pietre installate a Roma e molte altre in città come Genova,
L’Aquila, Prato, Livorno, Brescia, Ravenna, Venezia, Reggio Emilia e Torino.
Si tratta di un progetto in continua espansione anche grazie
alla collaborazione dei familiari dei deportati che possono richiederne
l’istallazione tramite il sito
http://www.stolpersteine.eu/en/home/
Demning commenta così il suo lavoro: “Sono sempre
inorridito ogni volta che incido i nomi, lettera dopo lettera. Ma questo fa
parte del progetto, perché così ricordo a me stesso che dietro quel nome c’è un
singolo individuo. Si parla di bambini, di uomini, di donne che erano vicini di
casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca per me
un’immagine. Vado nel luogo, nella strada, davanti alla casa dove la persona
viveva. L’installazione di ogni Stolpersteine è un processo
doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della
memoria di qualcuno”.
Queste parole
riportano l’attenzione alla materialità brutale della Storia: perché al di là
della retorica della memoria, si tratta di nomi, volti, corpi, identità, esseri
umani portati via quel giorno, da quella casa, lungo quella strada.
Allora inciampare
sopra, quasi letteralmente, a queste vite spezzate assume una funzione che le
parole di Primo Levi tracciano al meglio:
“Se comprendere è
impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare, le
coscienze possono essere nuovamente sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Bruna Ramus