27 gennaio Giorno della Memoria
“Dimenticanza è sciagura, mentre memoria è riscatto.”
(Anneliese Knoop-Graf)
“Se Dio esiste, deve chiedermi perdono”. Questa è la scritta
trovata su un muro di Auschwitz, il vasto complesso di campi di concentramento
e sterminio nazista, in funzione tra 1940 e 1945.
Uno dei tanti di una lista spaventosa di cui dobbiamo temere
l’inosservanza e l’incuria della nostra memoria affinché nulla vada perduto, ma
trasmesso nel tempo alle generazioni future, come insegnamento alla
perseveranza di cercarsi nel passato per costruire su di esso un futuro di
rispetto e pace.
È con un racconto d’amore che vogliamo ricordare questa
giornata, il racconto delle azioni di Clelia Caligiuri De Gregorio: una donna
“giusta” che ha rischiato la propria libertà e la propria vita per salvare
l’ebrea jugoslava Sarina Karliner.
Scappata da Zagabria nel 1941 e diretta a Spalato, in Dalmazia,
per cercare rifugio presso il quartier generale dell’esercito italiano, Sarina
incontrò Clelia a Follina, piccolo paese in provincia di Treviso. E Clelia
non volle tirarsi indietro.
Vedova con tre figli, Clelia
Caligiuri De Gregorio, per quasi tutto il periodo della Seconda guerra
mondiale nutrì e protesse Sarina Karliner fino alla liberazione nel 1945,
portandole cibo, assistenza e conforto in una situazione di estremo pericolo,
mantenendo anche la promessa di portarla nella propria casa di Piavon come
estrema misura di protezione.
Infatti dopo l'armistizio del settembre 1943, quando gli alleati
tedeschi si trasformarono in occupanti persecutori, Clelia creò un rifugio
sicuro per Sarina all’interno di un armadio di casa sua, fornendole ogni genere
di conforto e di appoggio fino alla fine. Mise a repentaglio la propria vita e
quella dei suoi figli quando il rifugio fu quasi scoperto dalle SS, ma non
esitò a continuare la propria opera accompagnando Sarina in un trasferimento
estremamente rischioso a Lutrano, da un sacerdote che acconsentì a tenerla
nascosta nell’ultimo periodo di occupazione tedesca. E anche in quest'ultima
fase l'assistenza di Clelia, che portava cibo due volte a settimana, fu
fondamentale.
Il 18 ottobre 1966 Yad Vashem (Ente nazionale per la Memoria
della Shoah di Israele) ha riconosciuto Clelia Caligiuri come Giusto tra le
Nazioni, un titolo utilizzato dopo la seconda guerra mondiale per onorare i
non-ebrei che hanno agito in modo eroico, a rischio della propria vita e senza
interesse personale, per salvare quella di anche un solo ebreo dal genocidio
nazista della Shoah.
Questo riconoscimento prevede la consegna di una speciale
medaglia con inciso il nome, di un certificato d'onore ed il privilegio di
vedere il proprio nome aggiunto agli altri presenti nel Giardino dei Giusti,
presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme.
Ad ogni Giusto tra le Nazioni viene dedicata la piantumazione di
un albero, come pratica tradizionale ebraica che indica il desiderio di ricordo
eterno per una persona cara.
Con questa storia vogliamo sottolineare i valori civili
umanitari che hanno fatto parte di un tempo di guerra e di odio, grazie a
migliaia di donne e uomini oggi ricordati in quel giardino come alberi di
speranza e di coraggio: il coraggio di non arrendersi, e la speranza che
l’indifferenza venga cancellata dalle azioni future di ogni essere umano.
Ad oggi sono stati riconosciuti nel mondo 26.120 Giusti tra le
Nazioni e 671 di questi sono italiani.
L'Italia è oggi l'ottava nazione per maggior numero di Giusti.
Bruna Ramus
Clelia Caligiuri De Gregorio
Il giorno della consegna del certificato di Giusto tra le Nazioni
L'albero di Clelia, oggi nel Giardino dei Giusti