Donne di Cuori è una nuova Associazione del territorio bresciano che negli intenti vuole accogliere e condividere vissuti ed esperienze con donne che cercano un punto di riferimento e un confronto su tematiche femminili e, soprattutto, lesbiche. Il nostro modo di fare politica sarà quello di esserci, nelle piazze, tra la gente, mostrando i nostri volti e promuovendo la cultura LGBT in tutte le forme che ci appartengono, al fine di ricostruire un’immagine di noi, donne lesbiche, scevra da ogni tipo di pregiudizio.


domenica 29 novembre 2015

lunedì 23 novembre 2015

IO SONO ANA - 25 NOVEMBRE 2015-

Io sono Ana, la tua puttana che, come dici tu, fa pure rima.
Sono quella che ti scopi al rientro dal lavoro, prima di tornare a casa, da tua moglie e dai tuoi figli.
Ogni volta che accosti al lato della strada, tu mi guardi e sorridi, nella convinzione che io sia felice nel rivederti. Sì, è vero, ti sorrido anche io. Sono brava a recitare la mia parte e ti dico pure che ti aspettavo.
Salgo in auto. Non c’è neppure bisogno di contrattare il prezzo. 
Spegni i fari e ci appartiamo nella via laterale, più buia e lontana da sguardi indiscreti.
Spegni anche il motore.
Estrai dalla borsa il tuo ultimo modello di I phone per inoltrare il messaggio a Silvia. Sempre lo stesso, sempre le solite parole. Non ti sbatti neppure a riscriverlo.
Un copia ed incolla. “Amore, arrivo tra un’oretta” …Invio
Mi fa sempre impressione quella virgola nel tuo messaggio. Profuma di bellezza. Non è un messaggio scritto di fretta. 
Poi, prima di riporre il cellulare cerchi tra gli emoticon il cuore, quello rosso.
Quel cuore che quando lo invii pulsa, come il mio.
E di nuovo… Invio.
Silvia lo sa che hai un lavoro impegnativo e non si accorge neppure che il tuo messaggio è identico a quello di due giorni fa ed a quello di venerdì scorso. Ed a tutti quelli precedenti.
O, forse, se ne è accorta, ma è consapevole che non hai tempo per dilungarti in discorsi sdolcinati durante le ore lavorative.
Rimetti il cellulare nella borsa, noncurante della risposta immediata di tua moglie.
Ti guardo e, mentre tu mi dici che questa volta vorresti farlo senza protezione, io fantastico sulla vita.
Vorrei essere io come Silvia, a casa con i miei figli ad aspettare mio marito.
Inizi ad accarezzarmi le gambe e con le tue mani risali fino all’interno cosce ed io ti guardo per un’istante e chiudo gli occhi. Come faccio ogni volta che un uomo mi chiede sesso.

Immagino d’essere sdraiata sul letto con Jarko, in Romania, quello su cui lui ed io furtivamente facevamo l’amore quando i suoi genitori erano al lavoro. Mi ricordo perfettamente quella volta che sentimmo il portone al piano terra aprirsi. Avevamo perso la dimensione del tempo, smarriti entrambe nel nostro amarci. Sobbalzammo dalle lenzuola e ci rivestimmo di fretta, ma io, impietrita dallo spavento, non feci in tempo a rimettermi la camicetta, né le scarpe.
Suo padre spalancò la porta.
Jarko ed io rimanemmo lì, in piedi, di fronte al suo sguardo severo. Si avvicinò a me e mi mollò uno schiaffone in pieno viso. “Sei una troietta da poco” -disse- “rivestiti ed esci immediatamente da questa casa”. Guardò Jarko che, spaventato almeno quanto me, non osò dire nè fare nulla, se non sedersi alla scrivania ed aprire il libro di letteratura. Il giorno dopo avremmo avuto l’interrogazione. Io nel frattempo mi vestii in modo impacciato, con la guancia che pulsava dal dolore e che sentivo infiammarsi, secondo dopo secondo. Guardai Jarko, sperando si alzasse da quella fottuta sedia e mi difendesse di fronte al padre. E invece no. Il volto chino sul libro e neppure un cenno di saluto al mio uscire dalla camera.  Solamente un “Vattene!”
Quel pomeriggio, al mio rientro a casa, sentii mia madre piangere nella stanzetta che ospitava i fuochi della cucina. Ad attendermi, in sala, mio padre che mi guardò dritta negli occhi e mi disse “Da domani niente scuola. Partirai con me per l’Italia. Ti ho trovato un lavoro come badante”. Osai replicare, disperatamente, e tutto quello che ottenni fu un calcio nella schiena. “Vuoi fare la puttana? Va bene, ti autorizzo io!”

Mi sveglio di soprassalto da quello stato di evasione mentale al suono dei tuoi gemiti, sempre più intensi.
Io ormai non provo nulla. Il mio corpo è divenuto una scatola vuota. La mia carne non riesce a fremere dal piacere. Meglio così. Non devo dimenticarmi che è solo un lavoro. 
“Brutto stronzo! Esci!” Mi accorgo che non stai usando il preservativo. Comincio a dimenarmi per interrompere il tuo orgasmo.
Mi prendi il collo con una mano per immobilizzarmi e togliermi il respiro e la voce, fino a conclusione del tuo lavoretto.
Mi soffochi il corpo e l'anima. Non ho più ossigeno nè parole.
E tu, a differenza mia, urli il tuo godere. Rimbomba nella mia testa il tuo piacere e scivola sui sedili in pelle.
Finalmente esci dal mio corpo, ma non da me. 
Estrai dalla mia borsa una salviettina umidificata e cominci a pulirti le mani ed i genitali. 
Scendi dall’auto ed alzi la cerniera dei pantaloni.
Comincio a tossire. La presa al collo è stata soffocante. Non è la prima volta che i clienti mi mettono le mani addosso. Dovrei imparare a stare zitta, ma non ce la faccio proprio. È rimasto un barlume di ribellione in me che dovrei domare. Dovrei impararlo. Sì. Solo per la mia incolumità.
“Vattene su, che ho fatto tardi! Mi aspetta mia moglie! E la prossima volta non osare più contraddirmi se non vuoi che stringa più forte!”
Risali in auto e togli dal cassettino venti euro. Già pronti. Servizio pagato.
E mentre sto per congedarmi, prendi in mano il cellulare. Intravedo con la coda dell’occhio la risposta di Silvia.
“Ti amo Amore Mio” .
Senza virgola. Scritto di getto. Scritto dal cuore.
Forse le virgole non servono. Il cuore non ha virgole.
Sorridi alla lettura del messaggio.
Sistemi la cravatta e poi volgi lo sguardo su di me. “Ci vediamo dopodomani puttana”.
Detto senza pausa, senza virgola. Dal cuore.
Pulisci il sedile. Non deve rimanere alcuna traccia di me.
Accendi il motore e riparti.

Osservo l’auto che se ne va.
Rimango per un po’ nella penombra ad osservare i fanali della tua auto, ora accesi,  che corrono verso una casa.

Rimango un po' qui, al buio, prima di trasportare il mio corpo sul ciglio della strada per il prossimo marito, padre, amante.
"Io sono Ana".
Me lo ripeto.
Come un mantra.

Ma per te, io sono la tua puttana.

Yentl